IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza (in causa cautelare civile r.g. n. 967/1998 Caterino c. A.S.L. n. 6 di Venaria-Torino), di rimessione di questione incidentale di costituzionalita' alla Corte costituzionale. Letti gli atti, a scioglimento della riserva, che precede, osserva: In fatto La signora Caterino Jolanda, adducendo di essere affetta da grave malattia neoplasica non curabile con i metodi tradizionali della chemioterapia e della radioterapia, ha proposto, con ricorso cautelare, di cui all'art. 700, c.p.c. dell'11 febbraio 1998, domanda contro l'A.S.L. n. 6 di Venaria-Torino per ottenere i farmaci, prescrittile dal di lei medico curante, della cd. "cura Di Bella", farmaci, a cui affidare le sue speranze di vita e difficilmente reperibili nelle farmacie italiane e comunque a costo insostenibile per la ricorrente e la di lei famiglia. In riferimento ad altri simili ricorsi di persone che hanno lamentato, oltre che l'alto prezzo, la quasi irreperibilita' del principale medicinale della "cura Di Bella" nelle farmacie italiane, questo pretore ha gia' avuto modo di considerare: a) che il fondamentale, incomprimibile, primario diritto alla salute, di cui all'art. 32, Cost., e' diritto difendibile anche contro comportamenti commissivi od omissivi della p.a., diretti a comprimere tale diritto, ed e' un diritto soggettivo "forte", che si sottrae al meccanismo dell'affievolimento, di cui agli artt. 2, 4 e 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E (sulla divisione dei poteri giudiziario e amministrativo), anche quando la sua tutela si richiede nei confronti della p.a. e che il diritto alla salute esige "una difesa a tutta oltranza contro ogni iniziativa ad esso ostile" (parole di Cass. 6 ottobre 1979, n. 5172 in Fo. It. 79, I, 2909); per cui il giudice dei diritti (tra cui il pretore) ha il potere di condanna al facere della pubblica amministrazione (cosi' in citata sent. Cass. n. 5172, nonche' in Cass. 11 febbraio 1987, n. 1470, Cass. 15 gennaio 1987, n. 310) (cosi' ordinanze di questo pretore 23 gennaio e 28 gennaio 1998, Buono e Vaio c. A.S.L.); b) che il diritto alla liberta' di cura e' espressione diretta dell'art. 32 della Costituzione e sancito dagli artt. 19 e 25, legge 23 dicembre 1978, n. 833 (istitutiva del servizio sanitario nazionale) ed un malato di cancro ha il diritto di curarsi o continuare a curarsi con i farmaci del cd. "metodo Di Bella", prescrittigli da un medico, iscritto all'albo e che ha prestato il giuramento di Ippocrate, e che, stante il pericolo di vita del paziente, questi farmaci non gli possono essere negati dalla p.a. (cosi' ordinanze di questo pretore 23 gennaio e 28 gennaio 1998, Buono e Vaio c. A.S.L.). Questo giudice, sulla base di queste considerazioni, ha affermato, in forza dell'art. 32, Cost., in primis la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di chi, per tutelare il suo diritto alla salute e alla vita, con la prescrizione del suo medico curante, possa ottenere solo da un'A.S.L. i farmaci gia' testati per altre patologie e che si potrebbero anche rivelare efficaci per molte affezioni neoplasiche ed in secundis che l'accertamento del diritto all'ottenimento gratuito o meno dei farmaci va posposto, rispetto alla principale esigenza di assicurare innanzi tutto i farmaci al paziente, alla successiva fase del giudizio e alla fase di merito, laddove si deve valutare il costo effettivamente sopportato dalla A.S.L. e l'eventuale stato di indigenza del richiedente, che, secondo il dettato dell'art. 32, primo comma, Cost., da', comunque, diritto alle cure gratuite. Sulla base di questa giurisprudenza e di fronte alla necessita' del malato di cancro, che sostiene che le cure tradizionali non gli danno beneficio e chiede solo di poter usufruire, con l'avallo del suo medico, di una cura, basata su medicinali non nuovi, e che, usati in determinate combinazioni, pare abbiano gia' dato a molti malati giovamento, questo pretore, come peraltro in molti casi analoghi, ha ordinato, con provvedimento, 13 febbraio 1998 reso inaudita altera parte ai sensi dell'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., all'A.S.L. n. 4 di Venaria-Torino di fornire tutti i farmaci della "cura Di Bella", prescritti dal medico curante, all'attuale ricorrente. All'udienza dell'art. 669-sexies, c.p.c. si e' costituita l'A.S.L. n. 6 di Venaria-Torino, chiedendo il rigetto della domanda cautelare, soprattutto sulla base dell'emanato d.-l. 17 febbraio 1998 n. 23 (Gazzetta Ufficiale - serie generale - 17 febbraio 1998, n. 30). Questo pretore si riservava per emettere, d'ufficio, la presente ordinanza di rimessione della presente questione incidentale sulle seguenti norme del citato d.-l. n. 23/1998, il cui vaglio di costituzionalita' e' rilevante per il giudizio in corso. Osservato in diritto In primis il pretore ritiene che il diritto alla liberta' di cura, che va considerato espressione del fondamentale diritto alla salute, di cui all'art. 32, Cost., sia stato grandemente limitato dal comma 3, dell'art 3, del citato d.-l. n. 23/1998, laddove questo prescrive che "il medico, limitatamente al campo oncologico, possa impiegare, sino al termine della sperimentazione, di cui all'art. 1, i medicinali a base di octreotide e di somatostatina, al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate ... purche' il paziente renda per iscritto il proprio consenso, dal quale risulti di essere stato adeguatamente informato circa all'assenza allo stato di risultati scientifici dimostrativi dell'efficacia dei medicinali impiegati". Al riguardo appare al giudice a quo evidente che il diritto assoluto alla liberta' di cura del paziente con atto normativo sia stato subordinato, in contrasto con l'art. 32, Cost., al termine della durata della sperimentazione, di cui all'art. 1 del citato n. 23/1998 (ed il presente giudizio, ivi compresa la fase di merito, puo' andare oltre il culmine della sperimentazione della "cura Di Bella") e alla condizione della prestazione per iscritto del consenso del paziente, e, nel contesto dello scritto, deve risultare anche l'informazione, data al paziente, sull'assenza di risultati scientifici, dimostrativi dell'efficacia della "cura Di Bella". Infatti, a quanto consta al giudice remittente, un consenso, motivato per iscritto, non pare venga richiesto con norma di legge in altre cure, pure praticate in medicina e per cui non esistono allo stato risultati scientifici dimostrativi, come nelle cd. medicine alternative e nell'agopuntura. Per cui la norma denunciata appare contrastare anche con l'art. 3, Cost., perche' impone un irragionevole trattamento a chi chiede solo di curarsi con medicinali, gia' esistenti in farmacopea, rispetto ad altre persone, che si curano con le medicine alternative. Inoltre vi potrebbero anche essere pazienti non in grado o non piu' in grado di dare il proprio consenso motivato e la normativa del citato d.-l. n. 23/1998 non ha preso in considerazione anche queste particolari ipotesi. E' lapilissiano che il vaglio di costituzionalita' della succitata norma, da parte del giudice delle leggi, e' rilevante nel giudizio in corso in quanto il giudice remittente potrebbe riconoscere il diritto, de quo, se non previa produzione del motivato consenso, che la norma del citato d.-l. n. 23/1998 prescrive. Per gli stessi motivi appare in contrasto con l'art. 32 della Costituzione il comma 3, dell'art. 5, del citato d.-l. n. 23/1998, nella parte in cui prevede che, nell'ambito delle preparazioni magistrali, "il medico deve specificare nella ricetta le esigenze eccezionali, che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea, e ottenere il consenso del paziente al trattamento e ... il consenso ottenuto deve essere dichiarato sulla ricetta". Inoltre pare in contrasto con l'art. 32, Cost., il combinato del comma 4, dell'art. 3, del citato d.-l. n. 23/1998 e del comma 4, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, nella parte in cui prevede che l'erogazione dei medicinali, della cd. "cura Di Bella", possa essere a carico del Servizio sanitario nazionale, "qualora non esista valida aternativa terapeutica", perche' non si comprende quale sia l'organo della p.a. che debba stabilire la validita' di altra terapia ufficiale tale da curare, efficacemente, lo stesso malato. Peraltro la valutazione "dell'esistenza di valide alternative terapeutiche", da parte di chi la dovrebbe formulare, non e' soggetta ad alcuna dazione di garanzia, ne' scritta ne' verbale, secondo la quale per quel malato la terapia ufficiale assicuri guarigioni e comunque congruo regresso del male. Inoltre il combinato del comma 4, dell'art. 3, del citato d.-l. n. 23/1998 e del comma 4, del d.-l. 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, non prende in considerazione la parte dell'art. 32, Cost., che esige che comunque la Repubblica garantisca cure gratuite agli indigenti. Anche questa questione e' rilevante per la decisione del giudice a quo sul punto della gratuita' o meno della cura. Si ritiene, quindi, di rimettere le seguenti questioni incidentali di costituzionalita', che non appaiono d'ufficio manifestamente infondate, per contrasto con gli artt. 32 e 3, Cost.: 1) del comma 3, dell'art. 3, del citato d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23, laddove questo prescrive che "il medico, limitatamente al campo oncologico possa impiegare, sino al termine della sperimentazione, di cui all'art. 1, i medicinali a base di octreotide e di somatostatina, al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate ... purche' il paziente renda per iscritto il proprio consenso, dal quale risulti di essere stato adeguatamente informato circa all'assenza allo stato di risultati scientifici dimostrativi dell'efficacia dei medicinali impiegati"; 2) del comma 3, dell'art. 5, del citato d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23, nella parte in cui prevede che, nell'ambito delle preparazioni magistrali, "il medico debba specificare nella ricetta le esigenze eccezionali, che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea, e ottenere il consenso del paziente al trattamento e ... il consenso ottenuto deve essere dichiarato sulla ricetta."; 3) inoltre, per solo contrasto con l'art. 32, Cost., del combinato del comma 4, dell'art. 3, del citato d.-l. 17 febbraio 1998, n. 23, del comma 4 del d.-l. 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, nella parte in cui prevede che l'erogazione dei medicinali, della cd. "cura Di Bella", possa essere a carico del Servizio sanitario nazionale, "qualora non esista valida alternativa terapeutica" e nella parte in cui non garantisce, comunque, la somministrazione degli stessi medicinali agli indigenti.